Inutile piangere sul latte versato. Se fino ai settant’anni compiuti non sono andato alle Maldive è perché avevo altro nella testa: subito Levanto e le Cinque Terre, la Svezia a vent’anni, poi le isole greche, crescendo il Colorado e gli stati confinanti, l’Australia con i suoi vuoti, il Salento con i suoi mari. Poi è anche vero che quando, a cavallo di marzo e aprile, ho messo piede sull’isola di Kooddoo, mi sono detto che potevo anche svegliarmi prima. Amen comunque, vi sarà tempo per tornarci.
Kooddoo ovvero l’atollo arcipelago di Gaafu Alifu, uno dei 26 naturali, gli altri vengono formati con sabbia riportata, 400 km a sud della capitale Malé, subito sotto l’isola di Viligili e subito prima di quella di Maamendhoo, in totale 1196 punti e punticini sabbiosi sparsi in un’area di 754 km in lunghezza e 188 in larghezza, altezza massima 2 metri, oggi ci sono ma domani? La precarietà lì è assoluta in un’epoca di surriscaldamento del pianeta. Duecento le isole abitate, 170 i resort, 700 le guest house e 130 le barche safari, sono numeri importanti.
Kooddoo ha un asso nella manica: sei anni fa il gruppo Accor, gigante francese dell’ospitalità, vi costruì un aeroporto che serve l’unico villaggio, il Mercure Kooddoo, un 4 stelle tutto suo, e chi vive, opera o soggiorna attorno e si sposta via mare per tragitti brevi. E per lavoro si deve intendere anche gli addetti a un’azienda per la lavorazione del pescato, su tutto un tonno di elevata qualità che furoreggia nei due ristoranti del…
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